Benritrovat*!
Anche questo mese avevo cominciato a parlare di un argomento e strada facendo mi sono resa conto che volevo parlare di altro. Niente di nuovo quindi.

Quello di cui volevo parlare rimane comunque in lista perché credo sia uno dei miei argomenti preferiti… suspense eh?

Stavolta voglio parlare di un film, di tutto quello che ha rappresentato e che rappresenta tuttora per me. Se fate due rapidi calcoli fra le ultime uscite e il mese in cui siamo, secondo me ci siete già arrivat*.
Esatto, sto parlando del film La Sirenetta.

Come credo per tant* colleg*, ma direi coetane* in generale, la Disney ha svolto un ruolo cardine della nostra infanzia. Il tempo veniva scandito dalle uscite dei nuovi cartoni ed ogni volta era un mondo incredibile che si apriva davanti ai nostri occhi. Per non parlare della bellezza dell’aprire la scatola, talvolta durissima, contenente la videocassetta, infilarla nel registratore, spararsi sul tappeto o sul divano e godersi il film.
“Non accettate i falsi, esigete sempre e solo videocassette originali Walt Disney Home Video”. (C’è chi l’ha letto con l’intonazione giusta e chi mente).
Certo, se alla fine di ogni cassetta ci si dimenticava di riavvolgerla, la volta dopo bisognava aspettare ma, non lo sapevamo ancora, sarebbe stato bello ricordare anche questo.
Quanto amarcord in queste descrizioni.

 

Ma entrando proprio nello specifico, alla Sirenetta sono particolarmente legata perché ci fu un momento durante la mia infanzia in cui stetti a casa per quasi 2 mesi ammalata. Me le ero prese TUTTE: broncopolmonite, orecchioni, varicella…quasi una dietro all’altra e quello era uno dei cartoni che volevo sempre rivedere. Forse perché non potendo andare al mare, me lo volevo tenere sempre vicino? Dopotutto, sono una ragazza di mare semplice: odio andare al mare d’estate ma non posso vivere senza vederlo e respirarlo. Per non parlare dell’andare in spiaggia d’inverno… ma non divaghiamo.

Da quando è stato annunciato che avrebbero fatto il live action de La Sirenetta mi sono tremate le gambe. Diciamocelo, finora sono stati tutti abbastanza imbarazzanti, posso fare una pallida eccezione per La Bella e La Bestia ma hanno cambiato tutte le canzoni, perciò, insomma…

Piano piano sono trapelate le prime immagini, e fra il blu del mare e il verde della coda da sirena, ecco lì che si scorge un braccio, ma non è di un bianco candido come quello della nostra amatissima Ariel. E come si poteva immaginare l’orda dei tradizionalisti, del “va bene tutto, però..” si è scagliata come l’onda sullo scoglio alle note di “guarda e vedrai che il sogno mio si avvererà”.

Amic*, come annunciavo all’apertura io sono una bimba della Disney, always and forever. Se una storia alla quale sono legata viene stravolta in modo orrendo e francamente anche quasi irrispettoso direi (live action di Aladdin mi rivolgo proprio a te!) sono la prima a provare disdegno.
In questo film però ho trovato molta cura.

*da qui contiene spoiler*

Innanzitutto la fedeltà delle canzoni, senza girarci troppo intorno, fanno il 50% del cartone/film. Inoltre trovo che le variazioni che hanno scelto di effettuare seguano comunque un filo narrativo logico:

Ariel è nera perché l’ambientazione sono i Caraibi. Perché non la Danimarca? Perché la Disney probabilmente ha ritenuto che in un personaggio così iconico potessero sentirsi rappresentate anche tante altre bambine e non solo quelle che trovano già rappresentazione ovunque. La trovate una forzatura? Forse potremmo iniziare a famigliarizzare con l’idea che le persone bianche abbiano un privilegio troppo grande da farci comprendere appieno certe cose.

Altro punto, Eric è stato adottato. Ci sta, anche nel cartone è rappresentato come un’anima errante che vuole scoprire tutto quello che non conosce, forse anche se stesso e le sue origini, quindi.
Le sorelle sono tutte di nazionalità diverse perchè ognuna è la guardiana dei diversi oceani e il messaggio potrebbe essere che si è famiglia anche se non si hanno gli stessi genitori.

Insomma, ci sono delle differenze ma siamo sicur* che siano proprio così sbagliate? E poi, ai fini della storia, cambia davvero così tanto?

Un’ultima riflessione: le fiabe sono sempre state prese, trattate, adattate a target diversi, in molti casi stravolgendone anche il finale, probabilmente proprio per rispecchiare anche il pensiero e i costumi dell’epoca nella quale si trovavano. Ricordiamo, per esempio, che nella sirenetta di Andersen lei alla fine si trasforma in un’essere invisibile, una figlia dell’aria, in pratica muore.

I tempi sono cambiati, ci si è resi conto di tante cose, forse ancora un po’ tanto lentamente per conto mio, ma comunque meglio tardi che mai.
Chiaramente tutto quello che è stato scritto qui sopra si tratta di una mia personalissima e opinabile riflessione che mi faceva piacere condividere.

 

E voi l’avete visto? Cosa ne pensate?

Prima di passare ai consigli di lettura vi lascio una piccola carrellata delle mie sirene 🙂 .

Alla prossima,
un grande bacio.

N.

 

 

Per la narrativa: L’isola del tesoro di Robert L. Stevenson, io ho l’edizione BUR (Rizzoli) ragazzi che trovo adorabile. Un grande classico, conosciuto a* più ma del quale non si può fare a meno. Una mappa nascosta in un baule, un ragazzino senza paura, un parinaio con una gamba di legno. La più straordinaria storia di pirati di tutti i tempi.

Illustrato: Atlante delle sirene – mappe e storie di incantatrici dal mare di Anna Claybourne e Miren Asiain Lora, edito da Magazzini Salani. Un elenco meravigliosamente illustrato e raccontato su tutte le sirene del mondo.

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